La generazione dei privilegi

L’Italia resta, nonostante i proclami di modernità, una nazione di proprietari. I numeri parlano chiaro: il 70,8% delle famiglie possiede la casa in cui vive. Una percentuale impressionante, che attraversa tutte le classi sociali, ma che trova la sua massima espressione nelle coppie con figli e nei piccoli comuni. Non è un vezzo, è un DNA culturale: in questo paese si può rinunciare a molto, ma non al mattone. La casa non è solo un bene: è la protesi dell’anima italiana, la polizza assicurativa contro un futuro che non ispira fiducia.

Dentro questo quadro, però, si consuma una delle contraddizioni più ipocrite della nostra società: quella dei Millennials italiani. Una generazione che ama raccontarsi come “rivoluzionaria”, ma che in realtà vive della più classica delle eredità democristiane: l’attaccamento alla proprietà privata, garantita non dal merito o dal rischio, ma dal patrimonio accumulato dai Baby Boomers.

Sono proprio loro, i Millennials, a monopolizzare l’istruzione superiore, spesso con la spinta economica e psicologica di famiglie che hanno investito in università e master. Sono loro ad accedere ai lavori meglio retribuiti, perché in un sistema bloccato le competenze si tramandano con le conoscenze. Ed è sempre loro che attendono – senza dirlo troppo ad alta voce – l’imminente trasferimento di case, terreni, appartamenti e seconde abitazioni che i genitori si apprestano a lasciare. La rivoluzione, insomma, si fa col testamento.

Eppure, non paghi di questi privilegi, i nostri giovani intellettuali e professionisti amano indossare la maschera dell’eroe radicale. L’essere “rivoluzionari” diventa allora un consumo vistoso, una versione aggiornata della borsa firmata o del SUV. Non contano le scelte concrete di vita, contano le pose. Così capita che il rampollo che vive in un quartiere esclusivo, blindato da vigilanza privata e portieri notturni, ti spieghi con aria grave che la polizia va abolita. O che la giovane coppia con due appartamenti in eredità e il mutuo pagato dai genitori difenda l’immigrazione di massa, tanto il loro condominio non lo sfiora nessuno. È facile accogliere tutti, quando il tuo quartiere non ha una panchina rotta o un autobus in ritardo.

Questa forma di radicalismo di salotto non mette mai in discussione i privilegi concreti, ma li veste di ideologia. È una sceneggiata tipicamente italiana: sembrare rivoluzionari per sentirsi superiori, ma vivere da borghesi benestanti. In fondo, anche nella loro presunta ribellione, i Millennials restano figli della cultura democristiana: conservatori nei fatti, progressisti nelle parole. L’Italia “muore democristiana” anche quando finge di sventolare la bandiera del Che.

Il problema non è solo morale, è politico e sociale. Perché questa ipocrisia anestetizza il dibattito pubblico: nessuno vuole sporcarsi le mani con riforme vere, che intacchino i privilegi accumulati. Tutti preferiscono recitare la parte del ribelle, senza mai rischiare nulla. E così il paese resta immobile, incrostato sul mattone, mentre le generazioni successive saranno costrette a ereditare non solo case, ma anche stagnazione.

La via d’uscita, se mai ci sarà, sta proprio nel rompere questa narrazione. Non serve demolire la proprietà privata – che anzi resta una delle poche ancore di stabilità in un’Italia fragile – ma bisogna smettere di usarla come alibi per vivere di rendita mascherandosi da rivoluzionari. Una politica seria, e una cultura onesta, dovrebbero restituire valore al merito, alla fatica e all’investimento produttivo, non solo all’eredità.

Perché alla fine, il vero atto rivoluzionario in Italia non è abolire la polizia o spalancare i confini. È smettere di raccontarsi favole, guardare in faccia i propri privilegi e decidere di costruire – davvero – un futuro che non sia semplicemente la prosecuzione del passato.

(Francesco Cozzolino)

Prompt:

Articolo: di opinione approfondito che analizzi il rapporto degli italiani con la proprietà immobiliare e le contraddizioni generazionali emergenti. Parti dai dati statistici che mostrano come l'Italia sia una nazione di proprietari (70,8% delle famiglie), con una distribuzione trasversale tra tutte le classi sociali e una particolare concentrazione tra le coppie con figli e nei piccoli comuni. Sviluppa poi una critica sociale pungente verso i Millennials italiani, descrivendo come la loro presunta indole "rivoluzionaria" contrasti con il privilegio ereditario di cui godono: monopolio dell'istruzione superiore, accesso ai lavori meglio retribuiti e l'imminente trasferimento del patrimonio immobiliare dei Baby Boomers.

Approfondisci il concetto secondo cui per il ceto medio italiano l'essere "rivoluzionari" rappresenti una forma di "consumo vistoso" postmoderno - un modo per ottenere status sociale sostenendo idee radicali che non impattano concretamente sulle loro vite privilegiate (es. immigrazione di massa mentre si vive in quartieri esclusivi, abolizione della polizia mentre si usano servizi privati di sicurezza).

Mantieni un tono critico e provocatorio, utilizzando un linguaggio incisivo e esempi concreti per evidenziare l'ipocrisia di un paese che "muore democristiano" nonostante le apparenze rivoluzionarie.

Assumendo l'identità di Francesco Cozzolino, scrivi un Articolo; usa un tono irriverente. Utilizzare un linguaggio incisivo e esempi concreti. Mantenere un approccio critico ma costruttivo nella conclusione.

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