Quando l’utero smise di essere una questione biologica

Negli anni ’80, mentre frequentavo l’università, i filosofi postmoderni spopolavano. Derrida, Foucault, Lyotard: nomi che si pronunciano ancora con reverenza, nonostante il contenuto delle loro opere fosse spesso avvolto da un’aura nebulosa, per non dire volutamente incomprensibile. Il messaggio centrale del postmodernismo – che la realtà è una costruzione sociale e che non esistono verità universali – appariva affascinante, soprattutto a chi aveva voglia di sentirsi anticonformista senza rischiare di doversi sporcare troppo le mani con la realtà.

Per un po’, anch’io sono caduta nel loro fascino, salvo poi accorgermi che, nella pratica, queste teorie erano come case senza fondamenta: bellissime da vedere, ma destinate a crollare alla prima folata di vento. Quella folata arrivò per me sotto forma di domande molto semplici: come può un sistema sanitario funzionare senza un’idea condivisa di malattia? Come possiamo lottare per i diritti se non siamo nemmeno d’accordo su cosa sia un diritto? Insomma, la realtà non è perfetta, ma negarne l’esistenza non mi sembrava una grande strategia per migliorarla.

Purtroppo, i postmoderni non sono finiti nel dimenticatoio come speravo. Le loro idee hanno messo radici, e tra i frutti più evidenti c’è l’intersezionalismo, la chiave di lettura dominante dell’attivismo contemporaneo. In teoria, l’intersezionalismo è uno strumento utile per comprendere come diverse forme di oppressione – razzismo, sessismo, classismo, ecc. – si intreccino e si amplifichino a vicenda. Ma nella pratica è diventato un intricato gioco di classificazioni e gerarchie.

Da qui nasce un fenomeno che mi piace chiamare “vittimismo burocratico”. Oggi non basta più essere vittima di una discriminazione: per avere diritto all’attenzione, è necessario accumulare “punti vittima” sulla base delle categorie di appartenenza, vere, percepite o auto-percepite. Sei una donna? Bene, ma sei bianca e cisgender, quindi scivoli in fondo alla lista. Questo sistema, in teoria pensato per favorire l’inclusione, finisce per scatenare una competizione spietata per il podio dell’oppressione, trasformando il dialogo in una giungla di recriminazioni.

Ed è proprio in questo contesto che, pochi giorni fa, mi sono imbattuta in un post di Vera Gheno sui social. Un post che, confesso, mi ha lasciata interdetta. La linguista, con il supporto di alcuni diagrammi di Venn, spiegava perché espressioni come “persona con l’utero” o “persona con le mestruazioni” non debbano essere considerate sinonimi di “donna”. Secondo il ragionamento, questi termini sarebbero più inclusivi e aderenti alla realtà, dato che non tutte le persone con un utero si identificano come donne e viceversa. Fin qui, niente di nuovo sotto il sole dell’attivismo contemporaneo. Ma è stato l’uso di questa terminologia pseudo-scientifica a farmi sobbalzare: “persona con la prostata” non è sinonimo di “maschio”, e “persona con le mestruazioni” non è sinonimo di “donna”.

Non discuto il diritto di ciascuno di scegliere come identificarsi, ma qui si sta facendo qualcosa di diverso: si stanno negando evidenze biologiche per creare categorie completamente scollegate dalla realtà materiale. Mi ha colpito soprattutto il livello di complicazione del ragionamento: sembrava un tentativo di decostruire la biologia stessa per costruire una visione del mondo più astratta e, paradossalmente, più rigida. Insomma, siamo passati da “il corpo è politico” a “il corpo è un concetto relativo”.

Il problema di questo approccio è evidente: in nome dell’inclusione, si finisce per cancellare proprio quella categoria che avrebbe più bisogno di essere difesa. Chiamatemi tradizionalista, ma credo che la parola “donna” abbia ancora un valore. Non è solo una questione linguistica; è una questione di diritti. Se perdiamo il diritto di nominarci, perdiamo anche la capacità di lottare per noi stesse. Questo tipo di femminismo, che prescinde dalla biologia, rischia di rimettere le donne esattamente dove si trovavano prima del movimento femminista: in fondo alla fila, invisibili e facilmente ignorabili.

Ironia della sorte, proprio coloro che si battono per una maggiore inclusione stanno creando un linguaggio che esclude, frammenta e confonde. Ma non tutto è perduto: forse, tra qualche decennio, questi diagrammi di Venn finiranno nel dimenticatoio, accanto ai testi dei filosofi postmoderni. Nel frattempo, cercherò di usare la parola “donna” con ancora più orgoglio. E sì, per me significa ancora qualcosa.

(Luisa Bianchi)

Prompt:

Intro: negli anni '80, quando eri all'università, i filosofi post-moderni erano di gran moda. Dopo un'iniziale interesse, li hai trovati troppo slegati dalla realtà per essere presi seriamente. Purtroppo non sono finiti del dimenticatoio.

Postmoderni: fa in un breve sunto della filosofia postmoderna e della sua criticabilità.

Intersezionalismo: fai un breve sunto dell'intersezionalismo, chiave di lettura oggi dominante dell'attivismo contemporaneo, e spiega come discenda dai postmoderni.

Vittimismo: nasce una forma di vittimismo burocratico in cui si accumulano punti-vittima, e quindi status sulla scala di chi va aiutato per prima in base alle categorie di appartenenza, vere o percepite o auto-percepite.

Post di Vera Gheno: tutto ciò che hai detto è propedeutico all'analisi di un assurdo post di Vera Gheno letto pochi giorni fa sui social.
Inizio del post:### **Testo Trascritto**
> *"Ho provato a usare l'insiemistica per spiegare come mai "persona con l'utero" o "persona con le mestruazioni" non andrebbero considerati sinonimi di "donna", come del resto "persona con la prostata" non equivale a "maschio". Non ho usato "uomo" per non generare confusione con il concetto di "essere umano".*

> *Il senso del disegnetto, casomai ci fosse bisogno di chiarirlo, è di mostrare come le definizioni non si sovrappongano esattamente (un'eventuale scala quantitativa non è rispettata, dato che non ho sotto mano informazioni statistiche sulla dimensione dei vari insiemi)."*

---

### **Descrizione dei Diagrammi di Venn**

Ci sono tre diagrammi principali in questa immagine.

#### **1. Diagramma principale (a sinistra)**
- **Contenuto**: Mostra quattro insiemi rappresentati da cerchi sovrapposti, colorati e con etichette. I cerchi evidenziano diverse categorie di identità sessuali e biologiche.
- **Colori e Legenda (in basso)**:
- **Verde**: Donne cisgender (con e senza utero).
- **Arancione**: Persone non binarie (con e senza utero).
- **Grigio**: Uomini transgender (con e senza utero).
- **Viola**: Persone con l'utero.
- **Significato**:
- I cerchi non si sovrappongono perfettamente, evidenziando che *"persona con l'utero"* non coincide esattamente con *"donna cisgender"* o altre categorie.
- Ad esempio, alcune persone con l'utero possono identificarsi come persone non binarie o uomini transgender.

---

#### **2. Diagramma in alto a destra (con legenda)**
- **Titolo implicito**: Discussione sulla **prostata**.
- **Colori e Legenda**:
- **Verde**: Maschi cisgender (con e senza prostata).
- **Arancione**: Persone non binarie (con e senza prostata).
- **Grigio**: Donne transgender (con e senza prostata).
- **Viola**: Persone con la prostata.
- **Significato**:
- Qui si esplora la relazione tra *"persona con la prostata"* e altre categorie identitarie.
- Il diagramma sottolinea che la prostata non è un attributo esclusivo dei maschi cisgender.

---

#### **3. Diagramma in basso a destra (con legenda)**
- **Titolo implicito**: Discussione sulle **mestruazioni**.
- **Colori e Legenda**:
- **Verde**: Donne cisgender (con e senza mestruazioni).
- **Arancione**: Persone non binarie (con e senza mestruazioni).
- **Grigio**: Maschi transgender (con e senza mestruazioni).
- **Viola**: Persone con le mestruazioni.
- **Significato**:
- Questo diagramma evidenzia che *"persona con le mestruazioni"* non coincide perfettamente con *"donna cisgender"*.
- Alcune persone non binarie o maschi transgender possono avere le mestruazioni.

---

### **Interpretazione del Messaggio**
I diagrammi di Venn servono a visualizzare come alcune definizioni biologiche, come *"avere un utero"* o *"avere una prostata"*, non corrispondano esattamente a categorie identitarie come *"donna"* o *"maschio"*. Lo scopo è mostrare che esistono sovrapposizioni tra gruppi diversi, ma nessuna definizione è completamente esaustiva o equivalente.
Fine del post

Commento: dimostra quanto questo post, che prescinde volontariamente dalla biologia, sia scorretto e sbagliato, e questo tipo di femminismo rimette le donne in fondo alla fila.

Articolo: intro, postmoderni, intersezionalismo, vittimismo, post di Vera Gheno, commento.

Assumendo personalità, background e stile di scrittura di Luisa Bianchi. Usa il suo tono ironico e leggero, col giusto umorismo.

Scopri di più da Le Argentee Teste D'Uovo

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

Un commento

Lascia un commento