Oltre la disinformazione: capire il filorusso italiano

In Italia, una parte non trascurabile della società continua a provare simpatia per la Russia, anche di fronte all’evidenza dell’invasione dell’Ucraina. Ridurre tutto a semplice disinformazione sarebbe un errore: ciò che osserviamo è un sentimento stratificato, che affonda le sue radici in memorie politiche, narrazioni identitarie e nuove paure collettive. È come osservare una vecchia città: le fondamenta sono antiche, ma gli edifici sopra si sono trasformati, adattati, reinterpretati. Per capire davvero cosa sta accadendo, dobbiamo imparare a leggere entrambi i livelli — il passato e il presente — senza semplificazioni.

Le nostalgie politiche: la Russia come specchio di ciò che siamo stati

In una parte della Sinistra italiana sopravvive un riflesso condizionato: l’idea che la Russia sia, in qualche modo, l’erede dell’URSS antifascista. È un’immagine più simbolica che reale, intrisa di memorie generazionali, di racconti familiari e di un’antica contrapposizione all’imperialismo occidentale. Per molti, Mosca continua a rappresentare — almeno nella fantasia politica — una “potenza del popolo”, custode di un equilibrio geopolitico ormai scomparso. È un mito, non un’analisi.

Dall’altro lato, un segmento della Destra radicale ammira la vocazione autoritaria russa: un “patriottismo muscolare” che viene percepito come antidoto alla presunta decadenza occidentale. Putin diventa così una figura-simbolo, quasi un archetipo: l’uomo forte che difende identità, tradizione, sovranità. È curioso notarlo: gli stessi elementi che per la Sinistra evocano passato antifascista, per la Destra richiamano un ordine gerarchico e virile. Due filtri opposti, una stessa proiezione.

Le nuove tribù della sfiducia: religione, complotti e antiscienza

A questo si intreccia un mondo ancora più variegato — e spesso imprevedibile — fatto di movimenti religiosi, comunità complottiste, gruppi no-vax e galassie antiscientifiche. Per una parte del fondamentalismo cattolico, la Russia appare come baluardo dei “valori tradizionali”: famiglia, autorità, identità nazionale. È un’immagine costruita con cura dalle stesse istituzioni russe, che hanno imparato a parlare ai timori culturali di molti europei.

Per i movimenti antiscientifici e complottisti, invece, il fascino della Russia ha una natura diversa: Mosca diventa una voce “alternativa”, un contro-canto all’“establishment occidentale”, un presunto spazio dove le verità scomode emergono senza filtri. È un meccanismo psicologico potente: quando manca fiducia nelle istituzioni, chiunque sembri sfidare l’ordine costituito acquista immediatamente credibilità.

È come quando, da studenti, ci convincevamo che il professore più severo fosse anche il più “vero”: non importava cosa dicesse, importava che si opponesse a qualcosa.

Il risultato: un ecosistema del dubbio

Queste correnti diverse finiscono per alimentarsi a vicenda. Nasce così un vero e proprio “ecosistema del dubbio”, un ambiente in cui la certezza diventa sospetta e la confusione diventa desiderabile. Nell’incertezza, tutto si appiattisce: l’aggressore può apparire vittima, la realtà si sfuma, la responsabilità si dissolve.

Ed è in questo clima che sostenere l’Ucraina — sostenere un paese invaso, un dato di fatto — può perfino sembrare impopolare, come se la chiarezza morale fosse diventata una posizione minoritaria. È un paradosso, ma i paradossi sociali nascono spesso dalla somma di tante piccole ambiguità non affrontate.

Il nuovo lessico del filorussismo

Il filorusso contemporaneo raramente si definisce tale. Non si schiera apertamente: preferisce parlare di “pace”, “neutralità”, “de-escalation”. Parole importanti, certo. Ma spesso — non sempre, ma spesso — vengono usate come gusci vuoti, per mascherare un posizionamento chiaro sotto un linguaggio apparentemente pacifista.

Molti di questi discorsi finiscono per riprodurre, quasi alla lettera, le narrazioni di Mosca: che l’Ucraina sia un burattino degli Stati Uniti, che l’Occidente provochi la Russia, che esista una verità “non detta” capace di spiegare tutto. È la vecchia tecnica del sospetto: se contesti quelle narrazioni, diventi automaticamente parte del complotto.

Capire non significa giustificare: è un dovere civico

Comprendere le radici di questo fenomeno non significa giustificarlo. Significa, piuttosto, recuperare un senso critico che oggi rischia di smarrirsi. La propaganda russa — come ogni propaganda ben costruita — non agisce solo sulla superficie dei fatti, ma sulle profondità emotive: identità, paure, nostalgie, rancori.

Smontarla richiede un doppio lavoro: riconoscere le fragilità che rendono fertile il terreno e restituire alle persone gli strumenti per interpretare ciò che accade, senza cedere alla tentazione delle spiegazioni semplicistiche.

La scienza ci insegna che comprendere le cause è il primo passo per affrontare i problemi. Lo stesso vale per la società.
E oggi più che mai abbiamo bisogno di lucidità, responsabilità e, soprattutto, di una comunicazione che metta al centro la verità — quella documentabile, verificabile, condivisa — non quella che rassicura o conferma le nostre paure.

Perché la democrazia, come la scienza, si costruisce solo quando il dubbio diventa metodo…
e non strumento di manipolazione.

(Giulia Remedi)

Prompt:

intro: una parte significativa della società italiana continua a provare simpatia per la Russia, nonostante l'evidenza dell'invasione dell'Ucraina. Ma non è solo questione di disinformazione. È un sentimento complesso, radicato in ideologie antiche e nuove paure.

parte 1: Da un lato, la Sinistra nostalgica vede nella Russia l'erede dell'URSS antifascista e mitizza l'idea di una "potenza del popolo" in lotta contro l'imperialismo occidentale. Dall'altro, la Destra radicale ammira il "patriottismo muscolare" russo, la sua vocazione autoritaria e la figura di Putin come baluardo contro un Occidente giudicato decadente.

parte 2: A questo si intreccia un mondo variegato di movimenti religiosi, no-vax e complottisti. Per il fondamentalismo cattolico, la Russia difende i "valori tradizionali". Per i movimenti antiscientifici, è un simbolo alternativo all'establishment occidentale, una voce "libera" che svela le "verità" nascoste.

parte 3: Nasce così Un "ecosistema del dubbio" dove l'aggressore diventa vittima e la realtà viene offuscata. In questo quadro, sostenere l'Ucraina può apparire impopolare.

parte 4: Il filorusso di oggi raramente si definisce tale. Parla di "pace" e "neutralità", ma spesso ripete le narrazioni di Mosca: se sei con Kiev, sei un burattino degli USA.

parte 5: Comprendere queste radici non significa giustificarle. È il primo passo per smontare una propaganda abilissima e ricostruire un senso critico che oggi manca.

Articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4, parte 5. Approfondisci dove necessario.

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