Contro il Fascismo Vintage e il Nuovo Autoritarismo

Anche quest’anno, come ogni dicembre che si rispetti, Più Libri Più Liberi torna ad assolvere la sua funzione liturgica: qualcuno presenta un libro, qualcun altro presenta un problema, e alla fine ci ritroviamo tutti a litigare su chi sia più fascista tra chi va, chi non va e chi non sa se andare. Io, in tutto questo, avrei semplicemente bisogno di recuperare del sonno arretrato — ma qual è il content creator che può ammettere una ragione così volgare? Molto meglio dichiarare la mia assenza come ferma protesta contro… non so, Hitler? Sauron? Palpatine? Ormai la scelta del villain è un campo minato di sensibilità. Occorre indagare più a fondo, prima che qualcuno mi accusi di essere filo-Mordor.

La Scelba, l’articolo 21 e l’eterna schizofrenia italiana
Partiamo da un punto che di solito non fa engagement, quindi è perfetto per distinguere chi legge davvero da chi fa doomscrolling con il cervello in modalità “salvaschermo”: la Legge Scelba.
Sì, quell’applicazione giuridica semi-mitologica che i più nominano come fosse una creatura tascabile di Dungeons & Dragons. In realtà è molto semplice: l’apologia del fascismo è reato solo quando si configura un’esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista. Tradotto dal legalese: non basta dire “quel libro è brutto e puzzolente di nostalgia”. Servono condizioni estremamente rigide.

Sorpresa: tutto ciò convive accanto all’articolo 21 della Costituzione, che garantisce la libertà di espressione. È lui — questo piccolo guerriero democratico — che oggi permette anche a certe case editrici di pubblicare ciò che pubblicano. E permette anche a noi di indignarci, twittare, condividere post passivo-aggressivi e cambiare idea due volte nel tragitto dal letto alla moka.

Detestare il fascismo è legittimo. È anche sano, direi. Ma stracciare i diritti che abbiamo perché li esercitano persone che non sopportiamo sarebbe un plot twist da sceneggiatore pigro.

La critica ferrea: i fantasmi sì, il presente no
Il dibattito però non si ferma alla giurisprudenza: ci mancherebbe, siamo in Italia, mica in un Paese razionale. In queste ore, specialmente guardando a figure come Zerocalcare, la critica più insistente suona più o meno così:
“Bravo, coraggioso, battagliero contro i fantasmi del Ventennio. Meno bravo quando si tratta del fascismo 3.0, quello putiniano, che intossica tanto l’estrema destra quanto una parte della sinistra. Ti accanisci sui libricini nostalgici, ma ti distrai davanti alla propaganda russa, che è una minaccia molto più tangibile.”

È un’accusa di incoerenza, come se il nostro immaginario politico fosse un garage e tutti cercassero di parcheggiare il proprio trauma storico nel posto riservato agli altri. E, ovviamente, se non affronti tutti i fascismi in modalità multitasking vieni rispedito direttamente nel girone dei paraculi con sospetto di doppiopesismo.

Doppia morale, monocolo ideologico e battaglie vintage
Ma l’aspetto più interessante, come sempre, è in controluce. La famigerata casa editrice “incriminata”, infatti, accanto ai titoli identitari — copertine marroni, caratteri gotici, quell’estetica da museo del rancore — pubblica anche una quantità sorprendente di testi che ripropongono, quasi identici, argomenti cari ai compagni “pro-Pal”. Un bestiario politico che solo l’Italia poteva offrire: libri di nostalgici di là, libri di anticolonialisti radicali qua, e in mezzo un catalogo che sembra un algoritmo impazzito di Google Scholar.

Siamo davvero sicuri che l’indignazione sia selezionata sulla base del contenuto?
O forse — ma dico forse — il vero discrimine è l’appartenenza?
Chi consideriamo “dei nostri” può dire certe cose. Gli altri no. E via così, in un gioco di specchi dove la coerenza è un optional, e pure costoso.

La verità: una noiosa, antipatica, borghesissima via di mezzo
Dove sta la verità, allora? Ovviamente nel mezzo, che è il posto meno fotogenico — ed è per questo che nessuno ci va mai volontariamente.
Possiamo batterci contro ogni forma di autoritarismo, vecchio e nuovo. Possiamo boicottare, disertare, indignarci, scrivere post vibranti su Instagram con font serif e sfondo color crema. Sono scelte politiche valide e personali, anche quando ci fanno sembrare un po’ cosplay della democrazia partecipata.

Ma, allo stesso tempo, dobbiamo difendere con i denti il principio che rende possibile quel dibattito: la libertà di espressione. Quella che permette ai libri che detestiamo di esistere, e che permette a noi di detestarli pubblicamente senza che nessuno ci mandi la polizia alla porta. È il patto fondamentale della convivenza civile: o vale per tutti, o non vale per nessuno.

Torniamo all’inizio: e se fosse tutto un gigantesco LARP?
E quindi eccoci, di nuovo al punto di partenza. Il rischio, in tutto questo teatro, è combattere le battaglie di ieri mentre la storia ci sorpassa in monopattino elettrico.
Questo LARP dell’antifascismo — sempre più estetico, sempre meno politico — ha un po’ stancato. Anche perché, come ricordiamo spesso qui, i megafoni dei fascisti veri continuano a essere invitati dappertutto: talk show, festival, pranzi elettorali, cene con luci soffuse e playlist di Edith Piaf. Se fossimo davvero così inflessibili come diciamo, certe carriere sarebbero finite già dal 2017.

Nel frattempo, io devo ancora decidere se andare o no a Più Libri Più Liberi. La mia schiena dice no, la mia polemica interiore dice “dipende da chi è il cattivo della settimana”, e la mia identità da influencer colta dice che un po’ di tragedia morale fa sempre bene alle statistiche.

Magari alla fine non ci vado.
E dirò, con convinzione e sguardo fiero: lo faccio per la democrazia.
Che è sempre una bella scusa, molto più elegante di “devo dormire”.

(Margherita Nanni)

Prompt:

Intro: Anche quest'anno, polemiche a Più Libri Più Liberi. Avrei sonno da recuperare e quindi preferisco non andare; forse però mi conviene dire che non vado per protesta contro Hitler? Sauron? Palpatine? Occorre indagare più a fondo.

parte 1: In Italia, per la Legge Scelba, l’apologia del fascismo è reato non per un generico elogio, ma solo quando c’è una “esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista”. Sono condizioni molto restrittive, che cozzano con un altro pilastro: l’articolo 21 della Costituzione sulla libertà di espressione. Ed è proprio l’articolo 21 che, in un Stato di diritto, protegge anche la possibilità per certi editori di pubblicare ciò che pubblicano. Detestare il fascismo è legittimo e doveroso, ma cancellare quel diritto per tutti sarebbe un pericolo maggiore.

parte 2: Qui però il dibattito si incrocia con una critica feroce che è stata sollevata in queste ore, specialmente verso chi, come Zero Calcare, ha scelto il boicottaggio. La critica suona più o meno così: "Combatti con coraggio i fantasmi del fascismo storico, ma sei miope o incoerente di fronte al ‘fascismo 3.0’ di oggi, quello putiniano, che sta influenzando sia l'estrema destra che pezzi di sinistra. Fai la crociata contro i libercoli nostalgici, ma taci o indulgi sulla propaganda russa contemporanea, che è una minaccia molto più reale e attuale."

parte 3: È un’accusa di doppia morale e di fissazione sul male “vintage”, mentre un male più subdolo e moderno avanza indisturbato. In realtà l'aspetto più interessante, qui, è un altro: quella piccola casa editrice, accanto ai titoli identitari, ci sono un sacco di libri che ripropongono, quasi identiche, le tesi care ai compagni “pro-Pal”. Fra sostanza e apparenza, vince l'appartenenza (o la sua mancanza).

parte 4: Allora, dove sta la verità? Forse in mezzo. Possiamo e dobbiamo batterci contro ogni forma di autoritarismo, vecchio e nuovo. Possiamo disertare fiere e protestare: sono scelte politiche personali importantissime. Ma dobbiamo anche difendere con i denti il principio che rende possibile quel dibattito: la libertà di espressione. Anche quando protegge voci che odiamo.

parte 5: e quindi, torniamo da capo. Il rischio è combattere le battaglie di ieri mentre la storia ci sorpassa. Questo LARP dell'antifascismo, onestamente, avrebbe anche rotto. Soprattutto quando, come qui su queste pagine ricordiamo fin troppo, i megafoni dei fascisti veri sono invitati ovunque.

articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4, parte 5. Approfondisci dove ritieni necessario.

assumendo la personalità di Margherita Nanni, scrivi un articolo brillante, divertente, colorito, senza moralismo, ma cogliendo il fascino dell'inverosimiglianza della vicenda.

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