L’aria che tira a Washington

Due indizi non fanno una prova, venti indizi nemmeno. Eppure, chi ha passato abbastanza tempo nei palazzi del potere sa riconoscere certi segnali sottili: il tono delle dichiarazioni, le assenze improvvise, le alleanze che si sfilacciano senza troppo rumore. In America, da qualche mese, l’aria ha un odore particolare. Non è ancora quello della fine, ma certamente non è più quello dell’onnipotenza.

La frattura che non si poteva nominare

Il rapporto tra Donald Trump e il suo movimento ha subito una cesura che fino a poco tempo fa sarebbe stata impensabile. L’uscita di scena di Marjorie Taylor Greene — una delle figure più identitarie del mondo MAGA — non è una semplice defezione personale, ma un segnale politico. Da paladina del trumpismo più militante, Greene ha lasciato il Congresso dopo uno scontro pubblico durissimo con il presidente. La miccia? La richiesta di piena trasparenza sui dossier Epstein, su cui Trump ha opposto una resistenza tanto ostinata quanto eloquente.

Qui non siamo nel campo del moralismo, ma del potere. Quando una fedelissima rompe il patto di silenzio e lo fa su un tema così sensibile, significa che qualcosa si è incrinato. Non è il primo strappo, ma è il primo a portare con sé dimissioni e una rottura irreversibile. Nel linguaggio di Washington, questo equivale a dire: “non conviene più restare”.

Fedeltà senza competenza: il boomerang

Una delle cifre più riconoscibili dell’ultimo ciclo trumpiano è stata la promozione sistematica della fedeltà a scapito della competenza. Una strategia che può funzionare nel breve periodo, ma che nel medio si trasforma in una trappola. I casi di Kristi Noem, Pete Hegseth e Kash Patel — figure costantemente nel mirino della critica istituzionale e mediatica — hanno esposto l’amministrazione a un logoramento continuo.

Neppure la linea dura sull’immigrazione, con i raid dell’ICE sempre più brutali e sempre meno selettivi — tanto da colpire anche cittadini americani — ha prodotto il consenso sperato. Anzi. Quando la forza appare cieca, l’elettorato comincia a fare un passo indietro.

A questo si aggiunge lo scandalo della telefonata di Witkoff, in cui emergerebbe una disponibilità ad accettare affari con la Russia in cambio di pressioni sull’Ucraina per una resa negoziata. Anche qui, al netto delle smentite rituali, il danno è politico: l’idea che tutto sia negoziabile, anche l’architettura della sicurezza occidentale, inizia a inquietare anche chi fino a ieri applaudiva.

Il Congresso riscopre se stesso

Il segnale forse più significativo arriva però dal Congresso. Con un sostegno ampio e trasversale, è stata approvata una misura che limita drasticamente i poteri presidenziali in materia di alleanze militari strategiche. Uscire dalla NATO, sospendere aiuti a un paese alleato o rivedere unilateralmente impegni di sicurezza non sarà più possibile senza un passaggio parlamentare.

Che a sostenere questa norma ci siano anche numerosi repubblicani un tempo interni alla galassia MAGA è un fatto di primo piano. Non è ribellione ideologica, è istinto di sopravvivenza istituzionale. Quando il Congresso rialza la testa, significa che percepisce un vuoto o un rischio. E si prepara.

Gli alleati votano con i piedi

Le politiche unilaterali di Washington dell’ultimo anno hanno prodotto un effetto collaterale prevedibile: gli alleati si stanno organizzando per ridurre la dipendenza strategica dagli Stati Uniti. Il Canada sta riconsiderando il maxi-ordine da 30 miliardi di dollari per 88 F-35 della Lockheed Martin. La Svezia, dal canto suo, accelera sul Gripen JAS 39E, sostituendo componenti chiave americane con soluzioni europee: motori Rolls-Royce al posto di quelli General Electric, e l’ipotesi concreta di abbandonare i missili AIM-120 statunitensi in favore dei Meteor europei.

Ancora più interessante è il progetto congiunto tra Svezia e Canada per costruire in territorio canadese i Gripen destinati all’Ucraina. Una mossa industriale e geopolitica insieme: posti di lavoro locali, maggiore autonomia e un messaggio chiarissimo a Washington. Per colossi come Lockheed Martin, General Electric e Raytheon non è solo una perdita di contratti, ma un’erosione di leadership e influenza. Quando il complesso militare-industriale perde centralità, la geopolitica segue a ruota.

Economia, tribunali e crepe interne

Il quadro si completa con un’economia che rallenta sensibilmente, spinta verso la recessione da una politica dei dazi che ha colpito più consumatori che concorrenti esteri. I tribunali federali respingono ordini presidenziali con una frequenza inedita. Netflix acquisisce Warner superando la cordata trumpiana guidata da Jared Kushner, senza mostrare il minimo timore di ritorsioni. Un dettaglio che, per chi osserva i rapporti tra potere politico e grandi conglomerati, vale più di mille editoriali.

Nel frattempo, alcuni senatori repubblicani votano con i democratici per avviare l’estensione dell’Obamacare, mentre altri membri del Congresso rassegnano dimissioni improvvise, senza clamore ma con tempismo sospetto. Non è una fuga, è una redistribuzione preventiva del rischio.

L’isolamento come dinamica naturale

Dove voglio arrivare? A una conclusione forse scomoda, ma difficilmente evitabile. A pensar male si fa peccato, certo. Ma Donald Trump sta diventando materiale radioattivo. Non per le sue idee — che continueranno a circolare — bensì per la sua imprevedibilità e per il costo crescente dell’associazione personale con lui.

A Washington sono iniziate manovre di isolamento. Silenziose, tecniche, molto poco teatrali. È così che finiscono le stagioni di potere: non con un boato, ma con una serie di porte che smettono di aprirsi.

Quanto il MAGA, come piattaforma ideologica, sia in grado di sopravvivere senza Trump è una questione aperta. I movimenti personalistici raramente superano il leader che li ha incarnati. Ma intanto, questo, per l’establishment americano — e per i suoi alleati — è già un buon inizio. Non una soluzione. Ma una tregua.

(Emma Nicheli)

Prompt:

intro: due indizi non fanno una prova, venti indizi nemmeno, eppure l'aria, in America, ha un odore particolare, ultimamente. Vediamo perché.

parte 1: Il rapporto tra Donald Trump e il suo movimento subisce una cesura significativa con l'abbandono della deputata Marjorie Taylor Greene. Da paladina del MAGA, Greene ha annunciato le proprie dimissioni dal Congresso dopo un aspro conflitto pubblico con il presidente. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la richiesta di piena trasparenza sui dossier di Jeffrey Epstein, contro cui Trump ha opposto resistenza.

parte 2: La strategia di insediare fedelissimi ma incompetenti in posizioni chiave si sta rivelando controproducente, esponendo l'amministrazione a critiche continue. - vedi i casi criticatissimi di Kristi Noem, Pete Hegseth e Kash Patel. Neppure brutali raid dell'ICE, che colpiscono pure cittadini americani, non incontrano i favori della popolazione. Non dimentichiamo lo scandalo della telefonata di Witkoff, in cui si accetterebbero affari con la Russia in cambio di pressioni per far arrendere l'Ucraina.

parte 3: Il Congresso ha appena approvato, con un largo sostegno trasversale, una misura che limita significativamente i poteri del presidente in materia di alleanze militari strategiche. Decisioni come un'eventuale uscita dalla NATO o la sospensione degli aiuti a un paese alleato non potranno più essere prese unilateralmente. È significativo che a sostenere questo provvedimento ci siano anche numerosi esponenti repubblicani che un tempo erano nella cerchia MAGA.

parte 4: Le politiche unilaterali di Washington dell'ultimo anno, tra cui minacce di pressione militare verso il Canada e il controllo stringente sulle esportazioni di armamenti, hanno spinto i partner a ricercare una maggiore autonomia strategica. Il Canada sta rivedendo il suo enorme ordine da 30 miliardi di dollari per 88 caccia F-35 prodotti dalla Lockheed Martin, mentre la Svezia sta sviluppando la nuova versione del suo Gripen (JAS 39E) con motori Rolls-Royce britannici al posto di quelli americani General Electric, e sta valutando la sostituzione dei missili americani AIM-120 con l'alternativa europea Meteor. Inoltre, Svezia e Canada stanno studiando un progetto congiunto per costruire in territorio canadese i Gripen destinati all'Ucraina, una mossa che potrebbe rendere l'aereo più appetibile anche per l'aviazione canadese e garantire posti di lavoro locali a lungo termine. Queste decisioni rappresentano un contraccolpo significativo per colossi americani della difesa come Lockheed Martin, General Electric e Raytheon, minando la loro leadership di mercato e indicando una potenziale erosione della supremazia tecnologica e dell'influenza geopolitica degli Stati Uniti nel settore.

parte 5: aggiungiamo un'economia che si avvia verso la recessione grazie ai dazi, tribunali che respingono al mittente ordini presidenziali, Netflix che acquisisce Warner sorpassando la cordata trumpiana guidata da Jared Kushner senza curarsi di ritorsioni e conseguenze, alcuni senatori repubblicani che votano coi democratici per avviare il procedimento per l'estensione dell'Obamacare, mentre altri repubblicani membri del congresso danno improvvisamente le dimissioni.

parte 6: dove voglio arrivare? A pensar male si fa peccato, ma Trump sta diventando materiale radioattivo, e a direi che a Washington finalmente sono cominciate le manovre di isolamento. Quanto i MAGA, intesi come piattaforma ideologica, saranno in grado di sopravvivere senza di lui è difficile da valutare. Ma intanto è già un buon inizio.

articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4, parte 5, parte 6; approfondisco dove necessario.

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