
Il governo Meloni ha deciso di sfoderare un’altra arma nella sua guerra al disagio sociale, o almeno a quello che preferisce vedere e combattere: nascondere il problema. Nascono così le cosiddette “zone rosse”, aree delimitate in cui è vietato bivaccare, stazionare o semplicemente esistere, se per caso rientri in una delle categorie umane che disturbano il decoro urbano. Migranti, senzatetto, venditori ambulanti, piccoli criminali da strapazzo. Tutti insieme, accomunati non dalla loro pericolosità reale, ma dalla loro visibilità. Il mantra è sempre lo stesso: “Riprendiamoci le città”. La domanda, però, è un’altra: a quale prezzo?
La legalità come optional
Ci sono forti dubbi sulla legittimità costituzionale di questa misura. Limitare arbitrariamente la libertà di movimento e la possibilità di trovarsi in uno spazio pubblico senza un giusto processo o una chiara motivazione non è soltanto discutibile: è potenzialmente illegale. La Costituzione italiana sancisce diritti inalienabili, ma a quanto pare questi diritti valgono solo per alcuni. Non c’è nulla di nuovo in questa visione politica: il problema non si risolve, si sposta. Come una pattumiera tirata via dal centro della stanza per nasconderla in un angolo più buio. I senzatetto? Allontanati. Gli immigrati? Resi invisibili. E così il decoro urbano è salvo, almeno agli occhi della classe media che applaude dal balcone. Ma il problema rimane, più distante, più nascosto, più profondo.
E poi, diciamocelo chiaramente: questa non è una misura per risolvere il disagio sociale, ma un tentativo maldestro di trasformare i luoghi pubblici in spazi esclusivi per chi è conforme a un ideale estetico e culturale ben preciso. Quello che non rientra in questo schema va eliminato, o almeno confinato in un angolo dove non si vede.
Rozzi, cosmetici e autoritari
Se ci fosse ancora bisogno di prove che questo governo sia rozzo e cosmetico, eccole servite. Le zone rosse non sono altro che un’operazione di facciata: rassicurare l’elettorato con una parvenza di sicurezza senza toccare minimamente le radici del problema. Non c’è alcun progetto di reinserimento sociale per i senzatetto, nessuna politica seria per l’integrazione dei migranti, nessun investimento per combattere la microcriminalità attraverso l’educazione o il lavoro. Solo repressione e, diciamolo, una discreta dose di propaganda.
C’è poi un altro aspetto inquietante. Questa misura odora di autoritarismo. Si tratta forse di una prova generale? Non è possibile dirlo con certezza, ma la direzione è chiara. Una politica che abbandona il dialogo, che considera la povertà e l’immigrazione come colpe e non come condizioni, che reprime invece di affrontare, non può che portare a un progressivo restringimento delle libertà di tutti. Quando le “zone rosse” non basteranno più, cosa ci aspetta? Coprifuochi? Sorveglianza di massa?
Un paese stanco, ma complice
La cosa più inquietante è che gli italiani sembrano tollerare, se non addirittura sostenere, questa deriva. Forse sono semplicemente stanchi, esausti di fronte a un decennio di crisi e promesse non mantenute. O forse, più banalmente, condividono questa visione del mondo. In entrambi i casi, il risultato è lo stesso: si sta costruendo un futuro sempre più esclusivo, meno solidale, meno giusto.
E a pagarne il prezzo saranno i miei studenti, ragazzi di origine nordafricana che sono nati qui, cresciuti qui, ma che non saranno mai davvero italiani agli occhi di chi oggi festeggia per le zone rosse. Saranno loro i primi a sentirsi esclusi, marchiati, confinati in periferie fisiche e mentali. Per loro, il futuro che si prospetta è fatto di porte chiuse, di opportunità negate, di un paese che li tollera ma non li accetta.
La verità è che queste misure non proteggono nessuno, se non l’illusione di una società “pulita”, ordinata, conforme. Ma sotto questa facciata si nasconde un paese sempre più diviso, sempre più incapace di guardarsi allo specchio e di affrontare davvero le proprie contraddizioni. E il prezzo di questa ipocrisia lo pagheremo tutti.
(Roberto De Santis)
Prompt:
Intro: il governo ha deciso di varare la misura delle cosiddette "zone rosse"; illustrala.
Perplessità: fai presente tutti gli aspetti di dubbia legittimità di una scelta del genere, che da un lato sa di polvere spazzata sotto al tappeto o di problema spostato e basta, dall'altro di limitazione delle libertà invididuali.
Autoritarismo: una prova tecnica di autoritarismo? Forse sì e forse no, ma indubbiamente si tratta di una misura rozza e cosmetica, perfettamente in linea con un governo rozzo popolato da cripto e neo fascisti per cui la presunzione d'innocenza è un optional.
Articolo: intro, perplessità, autoritarismo; aggiungi considerazioni su quali potrebbero essere i prossimi passi su questa direzione, e se gli italiani se ne rendono conto. O forse se ne rendono perfettamente conto e gli va bene. Rifletti su cosa può attendere quei tuoi studenti, di origine nordafricana, italiani di seconda generazione.
Assumendo personalità, background e stile di scrittura di Roberto De Santis, scrivi un articolo; usa un tono polemico.
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