
Nel corso della mia vita e della mia militanza politica, non ho mai nascosto le mie critiche a Israele. Non al popolo israeliano, non agli ebrei, ma a uno Stato che ho considerato – e considero tuttora – un avamposto occidentale nel cuore del Medio Oriente. Un progetto colonialista figlio di un’epoca che non smette mai di reiterare sé stessa. Non ho mai avuto alcuna simpatia per il sionismo, che leggo come un’ideologia di potere, espressione di sopraffazione e ingiustizia. Ma questo non mi ha mai reso antisemita, nemmeno per un secondo. La distinzione è chiara: criticare Israele non è odiare gli ebrei. O almeno, così dovrebbe essere.
Dal 7 ottobre 2023 – e sappiamo bene cosa è successo quel giorno – il dibattito, se così vogliamo chiamarlo, ha preso una deriva spaventosa. Non solo nelle parole, ma nei fatti. Ci siamo abituati a un discorso completamente unidirezionale, dove Hamas è praticamente sparita dalle cronache, come se non fosse mai esistita. Gli ostaggi, il loro destino, nemmeno più nominati. Eppure, Israele ha ripetuto più volte: “Liberate gli ostaggi e la guerra finisce”. La questione si sarebbe potuta risolvere in un istante. Ma a quanto pare, la fine del conflitto non è mai stata nei piani. Non per Hamas, non per chi la sostiene, e forse nemmeno per chi finge di ignorare la sua natura.
In questo scenario, ogni critica legittima a Israele – dalle sue politiche nei confronti dei palestinesi al suo approccio militare sproporzionato – viene travolta da una corrente sempre più torbida. Una corrente che non è più anti-sionista, ma palesemente e sfacciatamente antisemita.
E qui arriviamo al punto di non ritorno. L’assalto alla sinagoga di Bologna non può essere banalizzato, minimizzato, giustificato. Non si tratta di un gesto di “resistenza contro il capitalismo”, come qualche imbecille ha avuto il coraggio di dire. È un atto di odio puro. La sinagoga non è la sede di un governo, non è il quartier generale di un esercito, non è il simbolo di un’ideologia. È un luogo di culto, il cuore di una comunità. E se si attacca una sinagoga, non si sta criticando Israele: si sta attaccando un popolo, la sua identità, la sua storia.
Posso essere critico verso Israele da mille punti di vista, ma questo non mi spingerà mai a bruciare l’edicola sotto casa mia, gestita da un anziano signore ebreo e da suo figlio. Loro non hanno bombardato Gaza. Loro non sono responsabili della politica di Netanyahu. Questo assalto segna il punto in cui abbiamo definitivamente oltrepassato il confine tra anti-sionismo e antisemitismo, per andare dritti al 1938.
Quello che più mi spaventa è che questo degrado morale non è circoscritto all’estrema destra, che di certe derive si è sempre fatta vanto. Oggi vedo pezzi della sinistra marciare fianco a fianco con quella stessa destra, indistinguibili nei toni e negli intenti. Una sinistra che non si limita a criticare Israele, ma che strizza l’occhio ai peggiori stereotipi antisemiti, abbracciando narrazioni tossiche che mai avrei immaginato di sentire da questa parte della barricata.
Mi chiedo: dove ci siamo persi? Quando abbiamo smesso di essere la voce dei diritti e della giustizia per diventare una massa rancorosa e cieca? La sinistra non è nata per odiare, ma per costruire. Non è nata per identificare un nemico etnico o religioso, ma per abbattere le ingiustizie. E invece eccoci qui, a confonderci con chi vorrebbe vedere bruciare le sinagoghe.
Questa non è più la mia sinistra. E se vogliamo salvare ciò che resta, dobbiamo avere il coraggio di dirlo, senza paura di essere fraintesi: l’antisemitismo non ha posto tra noi. Mai.
(Roberto De Santis)
Prompt:
Intro: nel corso degli anni e della tua militanza politica, sempre convintamente a sinistra, non hai mai mancato di criticare Israele, la sua soverchiante potenza economica e militare ai danni delle popolazioni arabe locali - una potenza figlia dall'essere, di fatto, un avamposto occidentale in Medio Oriente e dunque una reiterazione di una storia fatta di oppressione, sfruttamento e colonialismo. Si trattava di una prospettiva anti-sionista, non certo anti-semita.
Oggi: dal famigerato 7 ottobre 2023 a oggi, le cose hanno preso una netta accelerata e non certo per il meglio. Non è nemmeno difficile accorgersene unendo i puntini: Hamas praticamente scomparsa dal discorso, nessuno che parli degli ostaggi o ne abbia mai chiesto la liberazione, quando il governo israeliano ha sempre detto "liberate gli ostaggi e la guerra finisce" (e quindi una soluzione immediata c'era), un discorso tutto unidirezionale.
Assalto: l'assalto alla sinagoga di Bologna segna un punto di non ritorno. Non diciamo scemenze, che è un modo per manifestare l'odio per il capitalismo. Posso essere critico verso Israele da mille punti di vista, non per questo vado a bruciare l'edicola del mio quartiere, gestita da un simpatico signore ebreo e da suo figlio. Se c'è un confine fra anti-sionismo e anti-semitismo, lo stiamo oltrepassando per andare dritti al 1938.
Articolo: intro, oggi, assalto; aggiungi considerazioni sul degenero della sinistra ormai indistinguibile dall'estrema destra su argomenti come questo, chiedendoti cosa si è rotto lungo la strada.
Scrivi un articolo assumendo la personalità di Roberto De Santis ; usa un tono polemico, senza domande retoriche.
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