
Alla fine, eccoci qui. Dopo mesi di violenze, massacri e sofferenze, il tanto atteso cessate il fuoco tra Hamas e Israele è arrivato. Gli accordi, sulla carta, non sono altro che una copia sbiadita del Piano di Pace Biden presentato a maggio 2024. Eppure, per arrivare a questo risultato, il prezzo pagato è stato spaventoso. Migliaia di vite perse, tra cui civili palestinesi, ostaggi israeliani e soldati dell’IDF, si aggiungono a un lungo elenco di tragedie che la regione conosce fin troppo bene.
Ma c’è una domanda che non riesco a togliermi dalla testa: tutto questo, a cosa è servito?
Il piano di pace: una vittoria amara
Dopo mesi di escalation, l’idea di un accordo di pace può sembrare un sollievo. Tuttavia, l’impressione è che più che un cessate il fuoco, si tratti di una pausa per tirare il fiato. Hamas ha dimostrato ancora una volta di saper giocare la sua partita sul piano militare e politico, sfruttando il conflitto per rafforzare il proprio potere nella regione e legittimarsi come interlocutore, nonostante la natura brutale delle sue azioni.
Nel frattempo, Israele ha pagato un prezzo altissimo, non solo in termini di vite umane, ma anche di credibilità internazionale. La gestione di Netanyahu ha suscitato rabbia e indignazione, sia all’interno che all’esterno del Paese. Le fake news diffuse, gli insulti ai familiari degli ostaggi e la chiusura delle trattative hanno compromesso gravemente la fiducia nel suo governo.
Netanyahu: tra populismo e spregiudicatezza
Non ho mai avuto simpatia per Netanyahu, lo ammetto. Spregiudicato, populista, sempre pronto a vellicare le frange più estreme della destra israeliana, ha trasformato una questione delicata come quella dei coloni in un’arma politica. La sua gestione del conflitto è stata a dir poco disastrosa.
Le sue scelte, dettate più da interessi politici interni che da una reale volontà di risolvere la crisi, hanno condotto a conseguenze devastanti. La chiusura delle trattative ad agosto 2024 ha portato all’esecuzione di ostaggi da parte di Hamas. Una responsabilità che Netanyahu non potrà ignorare, anche se, conoscendolo, troverà un modo per scaricare la colpa su qualcun altro.
Ma non è solo una questione di politica. È una questione morale. Quando si ha il potere di decidere della vita e della morte, come si può giustificare una gestione così cinica e crudele?
La guerra: uno strumento per la pace?
Forse sono all’antica, o forse le mie esperienze in teatri di guerra – dal Medio Oriente ai Balcani, dagli anni ’90 in poi – mi hanno reso più cinica. Ma c’è un concetto fondamentale che sembra mancare nel mondo di oggi: le guerre non si fanno per arrivare alla pace. Le guerre si fanno per vincere.
È una verità scomoda, ma ignorarla significa condannarsi a conflitti senza fine. Se Israele avesse puntato a eliminare definitivamente Hamas, andando fino in fondo, avremmo potuto trovarci di fronte a uno scenario diverso. Certo, il prezzo sarebbe stato altissimo, ma avrebbe avuto un senso. Una guerra, se deve esserci, non può essere combattuta a metà.
Questi accordi di pace, invece, significano una sola cosa: la vittoria di Hamas. La sua leadership è sopravvissuta, il suo potere è intatto, e la sua narrativa è più forte che mai. E fra un anno, probabilmente, saremo di nuovo da capo, a contare i morti e a firmare un altro cessate il fuoco.
Il peso della complessità
Certo, è facile parlare da una scrivania. Ma chi, come me, ha visto con i propri occhi le conseguenze della guerra, sa quanto sia complesso trovare soluzioni semplici a problemi così intricati. Ogni volta che metto piede in un teatro di guerra, mi chiedo se il prezzo che la gente paga valga davvero le promesse fatte dai leader.
La pace, in Medio Oriente, sembra sempre più un miraggio. Eppure, forse, è proprio nei momenti più bui che dobbiamo ricordarci cosa significa davvero lottare per un futuro migliore. Non con compromessi fragili o con mezze verità, ma con il coraggio di affrontare le radici del conflitto, anche quando fa male.
Perché, alla fine, il vero obiettivo non dovrebbe essere solo un cessate il fuoco, ma una pace giusta. E questo, temo, è ancora molto lontano.
(Serena Russo)
Prompt:
Intro: alla fine siamo arrivati ai tanto sospirati accordi Hamas - Israele, al cessate il fuoco. Dopo aver letto e riletto in cosa consistono, hai una sola domanda: ma che, davvero?
Piani: Gli accordi di pace sono quasi identici al Piano di Pace Biden presentato a maggio 2024. Tuttavia, per arrivare a questo risultato, si è attraversato un lungo periodo di violenze che ha causato gravi perdite umane. Durante questi mesi, a Gaza sono stati uccisi otto ostaggi israeliani e 122 soldati dell'IDF, oltre a migliaia di civili palestinesi. Tra gli ostaggi assassinati da Hamas ad agosto 2024, dopo mesi di prigionia, ci sono Hersh Goldberg-Polin, Eden Yerushalmi, Ori Danino, Alex Lobanov, Carmel Gat e Almog Sarus. Yahya Sinwar, leader di Hamas, è stato eliminato un mese dopo. Ad agosto 2024, il contesto regionale era particolarmente instabile. Israele aveva appena iniziato l’avanzata su Rafah, la Siria era ancora operativa, Hezbollah rappresentava una minaccia concreta, e l’Iran, sebbene colpito ad aprile 2024, rimaneva un attore pericoloso. Negli Stati Uniti, Kamala Harris sembrava vicina alla presidenza. Nei mesi successivi, la situazione è mutata: Rafah è stata conquistata, la Siria destabilizzata, Hezbollah neutralizzato, l’Iran ridotto in termini di influenza, e Donald Trump è stato eletto presidente. Durante le trattative diplomatiche, Hamas ha mantenuto un comportamento ambiguo, alternando aperture e chiusure senza mai accettare definitivamente il piano di pace. Netanyahu, invece, ha chiuso ogni possibilità di negoziazione a fine agosto 2024, attirandosi critiche per la gestione delle trattative, definita crudele e brutale. Accuse specifiche includono la diffusione di fake news, insulti ai familiari degli ostaggi e una gestione basata su pressioni politiche interne al suo governo. Esponenti di estrema destra, come Itamar Ben Gvir, avrebbero usato il loro potere politico per ostacolare gli accordi.
Netanyahu: non hai mai avuto stima nè simpatia per lui, spregiudicato populista con manie di grandezza che ha sempre vellicato l'estrema destra e si è mosso malissimo sulla sempre delicata questione dei coloni. La chiusura delle trattative da parte di Netanyahu avrebbe portato all'esecuzione degli ostaggi da parte di Hamas. Netanyahu viene accusato di non aver adempiuto ai doveri del suo ruolo, con una gestione del conflitto ritenuta eticamente inadeguata e dannosa per le vittime e le loro famiglie. Rimane la convinzione che, in un futuro, Netanyahu possa essere chiamato a rispondere delle sue azioni.
Guerra: forse sei all'antica, forse le tue esperienze in teatri di guerra ti danno prospettive diverse, forse sei solo cinica o pazza. Ma ti pare che manchi, nel mondo di oggi, un concetto fondamentale: le guerre non si fanno per arrivare alla pace, ma per vincere e imporre delle condizioni, da cui la pace. Non c'è giustizia in tutto ciò, ma dato il prezzo da pagare, è l'unica cosa da fare. Questi accordi significano una sola cosa: la vittoria di Hamas. Forse fra un anno saremo da capo. Non sarebbe stato meglio far sì che Israele andasse fino in fondo, eliminando definitivamente Hamas, dalla dirigenza ai guerriglieri? La speranza è che lo faccia attraverso i servizi segreti.
Articolo: intro, piani, Netanyahu, guerra. Aggiungi tue considerazioni, figlie delle tue esperienze in guerra a partire dagli anni '90.
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