Musica in saldo: come il mercato ha trasformato l’arte in un’app per fare binge-listening

È indubbio che il mercato della musica, negli ultimi venticinque anni, abbia subito una mutazione degna di un esperimento genetico mal riuscito. Per alcuni, è semplicemente morto: un corpo senza vita animato da zombie digitali che fanno scrolling compulsivo su playlist fatte da un algoritmo con il gusto di un tostapane. Per altri, è in “trasformazione continua”, il che suona un po’ come un modo elegante per dire che stiamo guardando un’auto che si schianta al rallentatore. In ogni caso, i numeri relativi alla vendita della musica registrata raccontano una storia molto chiara: un ingranaggio s’è rotto. La domanda è se qualcuno avesse voglia di aggiustarlo.

Guardiamo le cifre. Negli anni ’90, le vendite di CD erano la gallina dalle uova d’oro: miliardi di dollari fluttuavano nelle casse delle major, sostenuti dall’incessante necessità del pubblico di possedere fisicamente Every Breath You Take in quattro diverse raccolte dei Police. Poi è arrivata la pirateria – il diavolo secondo i discografici – e il crollo delle vendite è stato quasi catastrofico. Ma l’industria si è reinventata con lo streaming, e oggi i profitti aggregati della musica registrata hanno raggiunto picchi invidiabili, paragonabili ai bei tempi andati. Solo che c’è un piccolo problema: quegli stessi numeri dimostrano che gli artisti stanno ricevendo meno che mai.

Facciamo chiarezza. Le piattaforme di streaming, come Spotify e Apple Music, hanno resuscitato la musica come prodotto di consumo globale, certo. Tuttavia, agli artisti arrivano le briciole. E non le briciole del pane fresco, ma quelle rafferme rimaste sul fondo del sacchetto. Per ogni milione di streaming, un musicista guadagna l’equivalente di una pizza margherita (con una sola mozzarella). Chi guadagna allora? Le società di streaming, ovviamente, e un paio di case discografiche che sembrano aver trovato la formula segreta per trasformare la creatività altrui in oro. Eppure, il pubblico sembra non curarsene, troppo impegnato a chiedere ad Alexa di mettere l’ennesima playlist “Relax Vibes”.

E mentre gli artisti si accontentano di royalties che non coprono nemmeno la benzina per andare al prossimo gig, il mercato dei concerti è esploso. O meglio, è esploso per chi può permetterselo. Prendiamo Bruce Springsteen, un uomo che ha scritto canzoni per e su quel lavoratore medio che oggi non può più permettersi di vederlo dal vivo. I prezzi dei biglietti dei grandi artisti post-Covid sono decollati come Elon Musk verso Marte. Certo, ci sono costi da recuperare dopo la pandemia, ma pagare 400 euro per sentire Born to Run dal vivo è un insulto ironico per chi deve già correre tutto il mese per arrivare alla fine.

La situazione è surreale: i concerti, una volta momento di connessione e libertà, sono ora un evento esclusivo per le élite o per chi è disposto a rinunciare a pagare l’affitto. Ma non è finita qui. L’industria discografica, che non ha mai brillato per audacia, ha deciso che il futuro è… il passato. Rimasterizzazioni, versioni deluxe, vinili in edizione limitata e box set di artisti che ormai suonano solo nei cieli. Non fraintendiamoci, The Dark Side of the Moon è un capolavoro, ma quanto a lungo possiamo vendere lo stesso disco a persone che lo possiedono già in sette formati diversi?

E nel frattempo, chi prova a portare qualcosa di nuovo? Beh, buona fortuna. I musicisti emergenti – quelli davvero talentuosi – sono relegati ai margini, intrappolati in un sistema che non offre loro spazio né risorse. Artisti come All Them Witches, Selwyn Birchwood, King Buffalo o Fantastic Negrito stanno facendo musica che avrebbe fatto impazzire gli appassionati qualche decennio fa. Ma oggi? Lottano per farsi notare, perché tutta l’attenzione è monopolizzata dai soliti noti.

Mettendo tutto insieme, il quadro è chiaro: i soldi ci sono, eccome se ci sono. Ma piovono più che mai sul bagnato. La discografia gioca sul sicuro, i grandi nomi monopolizzano tutto, e gli artisti emergenti cercano di sopravvivere in un sistema che li considera sacrificabili. Alla fine, la musica, quella vera, sembra essere rimasta prigioniera di un’industria che ha perso di vista ciò che contava davvero: creare un legame con il pubblico, raccontare storie, cambiare il mondo. Ma hey, almeno possiamo fare binge-listening di Bohemian Rhapsody mentre ci lamentiamo.

(Luigi Colzi)

Prompt:

Intro: è indubbio che il mercato della musica, nell'arco degli ultimi venticinque anni sia cambiato tantissimo. Per alcuni è proprio morto, per altri è in trasformazione continua. In ogni caso, vedendo i profitti relativi alla vendita della musica registrata (niente tour, niente merchandise) è evidente che qualche ingranaggio si è rotto.

Cifre: riporta i dati sull'andamento dei profitti aggregati della musica registrata degli ultimi 25 anni, aggregandoli anno per anno, in forma di istogramma e differenziandoli per tipo (formato fisico, streaming etc).

Artisti: questi numeri parlano chiaro, ovvero l'industria discografica di per sé fa incassi da record, i maggiori da 25 anni a questa parte, ma agli artisti arrivano meno che briciole. E siccome la maggior parte dei profitti li fanno le società di streaming come Spotify...

Concerti: parallelamente, considera le cause dell'aumento vertiginoso dei prezzi dei concerti di artisti molto affermati, quelli che avevano già raggiunto un grande successo (la dimensione "concerto da headliner nel grosso palazzetto e oltre") entro l'anno 2000, nel post-Covid. Paradossalmente, la tipica persona raccontata con tanta empatia da Bruce Springsteen nei suoi migliori anni, oggi non potrebbe permettersi di ascoltare quelle stesse canzoni dal vivo.

Industria: mettendo tutto insieme, si evince che i soldi in ballo sono ancora moltissimi, ma che piove più che mai sul bagnato. La discografia punta in massa sull'usato sicuro (grandi nomi già affermati) rimettendo in giro le ennesime versioni inutili dei classici; questi grandi nomi monopolizzano il panorama dei concerti; i musicisti di talento ma bisognosi di spinta e attenzione (e ci sono, vedi All Them Witches, Selwyn Birchwood, King Buffalo o Fantastic Negrito) devono vivacchiare di stenti ai margini.

Articolo: intro, cifre, artisti, concerti, industria.

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