
Nel mondo contemporaneo, dove basta dichiararsi “unicorno intergalattico” per pretendere legittimazione giuridica, arriva finalmente una ventata di sano realismo dalla più antica democrazia parlamentare d’Europa. La Corte Suprema britannica – sì, quella con le parrucche impolverate ma le idee più chiare di molti rettori universitari – ha emesso una sentenza che ha già fatto tremare gli altari del pensiero unico: una donna è una persona di sesso femminile, punto. Non una “identità”, non un “sentire”, non una “percezione fluttuante tra le galassie del gender”, ma una realtà biologica.
Ritorno al buon senso, via Westminster
Con questa storica decisione, la Suprema Corte ha riportato ordine nel caos legislativo prodotto da anni di slittamenti semantici e acrobazie ideologiche. Niente più equivoci: le quote rosa, i servizi per sole donne, gli spazi protetti, torneranno ad essere riservati a chi nasce biologicamente donna. Il diritto, finalmente, si riallaccia alla realtà, come la giurisprudenza romana imponeva. D’altronde, se Ulpiano definiva la legge come “ars boni et aequi”, è ridicolo pensare che possa fondarsi sulla volubilità dei desideri individuali.
Una battaglia nata in Scozia, finita a Londra
La miccia si accese nel 2018, quando il Parlamento scozzese – quell’organo impetuosamente progressista, sempre pronto a fare da cavia ai deliri identitari – tentò di includere nelle quote femminili della pubblica amministrazione anche le persone transgender munite di un certificato di riconoscimento di genere. “Come se bastasse una carta bollata per cambiare il proprio sesso biologico,” avrebbe detto mio nonno, muratore e aristotelico senza saperlo.
A quel punto, intervennero le vere protagoniste di questa vicenda: le donne. Quelle vere, con utero e dignità, rappresentate da For Women Scotland e sostenute pubblicamente da J.K. Rowling, che ha avuto più coraggio in questa battaglia culturale di interi partiti politici. Hanno fatto ricorso, hanno gridato al paradosso, hanno invocato il diritto naturale e alla fine, dopo anni di burocrazia e carte bollate, hanno ottenuto ciò che la logica imponeva: un chiarimento netto sul significato della parola “donna”.
Il ritorno della realtà: applausi e insulti
Susan Smith, co-fondatrice del gruppo femminista scozzese, ha salutato la sentenza come una vittoria della realtà sull’ideologia. Ha parlato di sicurezza, di rispetto, di protezione. E ha avuto ragione. Perché non si tratta di escludere o discriminare, ma di riconoscere che certi spazi – quelli in cui si parla di corpi, vulnerabilità, traumi – non possono essere “inclusivi” a scapito delle donne reali.
I politici, come sempre, sono arrivati in ritardo, ma almeno qualcuno ha parlato. I laburisti hanno fatto una timida genuflessione al principio di realtà, mentre i conservatori – inaspettatamente diretti – hanno dichiarato che le donne trans “non sono mai state donne nei fatti e ora non lo sono neppure per legge”. Parole forti, certo, ma chiare. E in tempi di confusione semantica, la chiarezza è rivoluzionaria.
Il mondo osserva (e finge di non capire)
Il caso britannico ha un valore che va oltre le isole britanniche. È un campanello d’allarme, un richiamo al diritto romano, alla logica aristotelica, perfino al buon senso contadino. In Italia, siamo ancora prigionieri di un dibattito dove anche solo pronunciare la parola “biologia” ti fa passare per reazionario. Ma questa sentenza segna un precedente importante: il diritto può (e deve) distinguere tra realtà e percezione, tra identità personale e classificazione giuridica.
Non si nega, ovviamente, la dignità di ogni essere umano. Ma la dignità non si tutela cancellando i confini semantici, biologici e giuridici che garantiscono diritti concreti. In una società dove tutto è diventato fluido, incerto, emotivo, è quasi poetico che siano state delle donne a ricordare al mondo che le parole hanno ancora un significato, e che la giustizia non può basarsi su una narrativa mutevole come il vento d’aprile.
Un piccolo miracolo di logica
Questa non è solo una sentenza, è un atto di resistenza. È il ritorno della ragione in un mondo inebetito dalla retorica della fluidità. È un “no” deciso alla dissoluzione dei significati. È una vittoria non solo per le donne, ma per chiunque creda che la realtà conti ancora qualcosa.
E se, come diceva G.K. Chesterton, “il compito della democrazia è difendere il senso comune dagli intellettuali”, allora oggi possiamo dire che, almeno in Inghilterra, il senso comune ha vinto. Per ora.
(Francesco Cozzolino)
Prompt:
Intro: La Corte Suprema britannica ha emesso una storica sentenza stabilendo che la definizione legale di "donna" si basa sul sesso biologico e che il concetto di sesso è binario. Questo significa che le persone transgender non possono accedere a quote e servizi riservati alle donne, anche se devono comunque essere protette dalle discriminazioni.
parte 2: La battaglia legale è iniziata nel 2018, quando il Parlamento scozzese ha approvato una legge per aumentare le quote rosa nella pubblica amministrazione, includendo anche le persone transgender con certificato di riconoscimento di genere. Il gruppo femminista For Women Scotland, sostenuto dalla scrittrice JK Rowling, ha fatto appello e portato la questione alla Corte Suprema di Londra, che ha dovuto rispondere alla domanda "cos'è una donna?". La Corte ha stabilito che il termine "donna" non può essere variabile e deve corrispondere alle caratteristiche biologiche.
parte 3: Le femministe hanno celebrato la decisione, vedendola come una restaurazione del senso comune di fronte all'ideologia. Susan Smith, co-fondatrice di For Women Scotland, ha dichiarato che le donne sono protette in base al loro sesso biologico e che ora possono sentirsi sicure nei servizi e negli spazi designati per loro.
parte 4: La polemica ha coinvolto anche il mondo politico, con i laburisti che hanno espresso sostegno alla protezione degli spazi basati sul sesso biologico, mentre i conservatori hanno affermato che "le donne trans non sono mai state donne nei fatti e ora non lo sono neppure per legge".
Articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4, parte 5. Approfondisci dove ritieni necessario.
Assumendo l'identità di Francesco Cozzolino descritta sopra, scrivi un Articolo; usa un tono irriverente.
Scopri di più da Le Argentee Teste D'Uovo
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.
ok, ma se io ho la sindrome di Morris cosa sono?
"Mi piace""Mi piace"
Bella domanda. Dando un’interpretazione “legalese”, verrebbe da pensare che, siccome la sindrome riguarda gli uomini, saresti un uomo. Però nato con organi femminili. E quindi… l’uovo o lo gallina?
"Mi piace"Piace a 1 persona