Donald, giù le mani dai Kiss

Non parlo mai di musica. Per lo meno, non negli articoli. Perché? Beh, perché c’è gente molto più qualificata di me per farlo: critici musicali con la barba lunga e la felpa sdrucita che hanno sentito i demo dei Melvins nel ’91 e ancora campano di quella gloria. Io, al massimo, ne parlo quando sono al terzo bicchiere e voglio far colpo su qualcuno.
Però stavolta non posso tacere.

Forse non tutti sanno che le mie passioni principali non sono il teatro elisabettiano o l’editoria indipendente (che pure mi fanno frullare il cuore), ma il metal e l’hardcore punk.
Ho iniziato da ragazzina con Slayer, Slipknot, Lamb of God, Hatebreed e compagnia urlante. Una vera genealogia del casino, percorsa a ritroso e di lato: dai blast beat alla musica che mia madre definiva “questi suoni industriali da cataclisma”.
Ho anche imbracciato un basso — sì, proprio io, la regina del sarcasmo, col plettro in mano e i calli sulle dita — suonando in formazioni hardcore e grind bolognesi. Concerti scalcagnati, festival su pedane instabili, feedback che facevano piangere i cani del quartiere.
Il basso e l’amplificatore li ho ancora, in un angolo, come reliquie. O meglio: come monito. Se mai mi venisse la tentazione di riprendere in mano lo strumento, il messaggio è già lì inciso: “Margherita, la musica non fa per te.”

Il punto è che, se devo eleggere una band del cuore, la mia preferita di ogni tempo, non sono i Meshuggah né i Converge. Sono i Kiss.
Sì, avete letto bene. Kiss.
Io adoro letteralmente Paul (più di tutti, ovviamente), Gene, Ace e Peter. Poi sì, anche Vinnie, Bruce, Eric, le reincarnazioni varie, ma la formazione originale è intoccabile come i mosaici di Ravenna.
Perché li adoro? Perché scrivono canzoni della madonna: potenza grezza + hook memorabili = la formula che ha insegnato a metà metal come si fa un singolo.
Perché hanno inventato lo show come esperienza totale, la pirotecnia, i costumi, i bassi che sputano sangue, le chitarre che esplodono: roba che senza di loro i Rammstein avrebbero dovuto fare i panettieri.
E perché sono stati sempre, deliberatamente, frivoli. Mai un manifesto politico, mai un proclama morale, mai un disco-concept per insegnarti il senso della vita. Solo un’unica lezione: “Vuoi diventare rockstar? Guarda e impara.”

Nel mio soggiorno campeggia un poster vintage del tour di Rock’n’Roll Over. Lo comprai a New York anni fa, pagandolo più di quanto io sia disposta ad ammettere pubblicamente.
Ogni tanto, quando qualcuno entra in casa, mi viene il dubbio: e se pensasse che sono una sionista? Poi mi ricordo che, mediamente, la gente non conosce nemmeno i Kiss. Cioè, parliamo di una band che ha venduto oltre cento milioni di album e ancora devi spiegare chi sono. Figurarsi se qualcuno sa che Paul Stanley e Gene Simmons sono ebrei.
La verità è che i Kiss hanno avuto l’audacia di essere così giganteschi da diventare invisibili. Un po’ come la Cappella Sistina: la conoscono tutti, ma quanti se la sono mai guardata davvero?

E arriviamo alla notizia del giorno: i Kennedy Center Honors.
Premi importanti, altisonanti, roba da giacca e cravatta. Quest’anno, a consegnarli ai Kiss sarà… Donald Trump in persona.
Già me lo vedo: parrucchino contro parrucca, eyeliner contro spray tan, The Demon che stringe la mano a The Donald.
Ora, sia chiaro: l’onorificenza ai Kiss è sacrosanta. Hanno cambiato la musica, lo spettacolo, il modo stesso di concepire il rock. Sono l’incarnazione perfetta del rags to riches, l’american dream col cerone nero e le piattaforme glitterate.
Eppure… eppure non posso non pensarlo: da questo momento in poi, i Kiss saranno irreversibilmente associati a Donald Trump. E molti, per questo solo motivo, li odieranno di default. Non importa che le loro canzoni abbiano accompagnato milioni di vite, che abbiano definito il linguaggio estetico del rock moderno. Ora c’è il marchio: Trump-approved.
Donald, perché? Non potevi premiare qualcun altro, tipo gli Imagine Dragons, così almeno avremmo avuto una ragione legittima per detestarli?

E così, il gruppo che più di tutti ha incarnato la leggerezza, la frivolezza, la gioia sfacciata del rock’n’roll, verrà trascinato nelle sabbie mobili della politica contemporanea.
Un matrimonio grottesco, un bacio al veleno: Kiss + Trump.
Il bello è che, se ci pensi, è perfettamente coerente. Perché i Kiss hanno sempre insegnato a fregarsene dei critici e a puntare dritto al cuore della massa. Trump lo stesso, solo con molto meno talento musicale.
Alla fine forse è giusto così: l’arte popolare che si abbraccia con la politica popolare. Ma resta l’amarezza. Perché io, nel mio soggiorno, davanti al poster di Rock’n’Roll Over, non volevo dover pensare a Donald Trump.

(Margherita Nanni)

Prompt:

Intro: non parlo mai di musica, per lo meno negli articoli che scrivo. Perché... beh, c'è gente molto più qualificata di me per farlo. Ma stavolta non posso tacere.

parte 1: forse non tutti sanno che le mie passioni principali sono metal e hardcore punk. Ho iniziato da ragazzina con Slayer, Slipknot, Lamb of God, Hatebreed e compagnia, ripercorrendo l'albero genealogico del casino a ritoroso e di lato. Ho pure suonato il basso in varie formazioni hardcore e grind bolognesi, partecipando a concerti e festival scalcagnatissimi. Ho ancora il basso e l'amplificatore. Ma li tengo come monito: "la musica non fa per te!" è ciò che mi devono dire qualora ne sentissi l'urgenza.

parte 2: il punto è: alla fine la mia band preferita di ogni tempo, se devo dirne una, sono i Kiss. Già. Io adoro letteralmente Paul (più di tutti), Gene, Ace e Peter - poi per carità, pure Vinnie, Bruce, Eric etc, ma quella originale non si tocca. Adoro i Kiss perché fanno canzoni della madonna, unendo la potenza grezza con hook memorabili. Li adoro per i loro show che hanno insegnato a tutto il metal successivo come si fa una show. Li adoro perché sono sempre stati frivoli e non hanno mai voluto insegnare nulla a nessuno, se non come diventare rockstar.

parte 3: nel mio soggiorno campeggia un bellissimo poster vintage del tour di "Rock'n'Roll Over" che comprai a New York anni fa. Pagandolo un sacco. Ogni tanto, quando entra qualcuno in casa, mi assale il dubbio che possa darmi della sionista, vedendo il poster, poi mi rendo conto che la gente è mediamente troppo ignorante per conoscere i Kiss (che pure hanno venduto ben più di cento milioni di album), figuriamoci per sapere che Stanley e Simmons sono ebrei.

parte 4: ora però ai Kennedy Center Honors i Kiss verranno premiati da Donald Trump in persona. Per i traguardi raggiunti nel campo dell'arte popolare, della musica, dello spettacolo. Tutto giusto e corretto, io da questo punto di vista non vedo errori. Volendo la loro è pure una classica storia "rags to riches", l'american dream nella forma più pura. Però... ora i Kiss saranno associati irreversibilmente a Donald Trump. E tutti li odieranno a cazzo di cane. Perché Donald, perché? Non potevi premiare qualcun altro?

articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4. Approfondisci dove ritieni necessario.

assumendo la personalità di Margherita Nanni, scrivi un articolo brillante, divertente, colorito, senza moralismo, ma cogliendo il fascino dell'inverosimiglianza della vicenda.


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