
Oggi voglio uscire dal mio abituale seminato e parlare di Giorgio Armani, appena scomparso. Non è solo un nome della moda: è stato un pezzo di Milano, della mia Milano, della mia vita. Ho visto crescere questa città, trasformarsi, travestirsi da capitale effimera e poi sgonfiarsi, e lui era sempre lì, con quell’aria severa, quasi calvinista, a ricordarci che lo stile non è un vestito: è un atteggiamento, una filosofia.
«Lo stile di Milano lo sintetizzerei con tre D: discrezione, disciplina, dovere», disse nel 1998. Tre parole che suonano come un monito, e io le ricordo bene. A quel tempo il cosiddetto calvinismo milanese era già un ricordo: la Milano dei miei genitori, borghesia illuminata e classe operaia d’élite, si era arrugginita sotto la vernice scintillante della Milano da Bere. Armani lo sapeva, eppure pronunciava quelle parole come un appello alla misura e alla coerenza, senza lasciarsi travolgere dal clamore.
Anch’io, nel mio percorso professionale, ho guardato a lui come a un contraltare. Nei consigli di amministrazione, spesso unica donna, alta e visibile, impari presto che il clamore non protegge, e talvolta ostacola. Ricordo il primo giorno in cui indossai un completo Armani per una riunione cruciale: non era solo un vestito, era una corazza. La sua sobrietà mi obbligava a comportarmi con la stessa fermezza e chiarezza.
Ma Armani non era solo estetica. Era metodo e cultura aziendale. Visitando uno dei suoi flagship store a Milano, chiesi di vedere i dietro le quinte e rimasi colpita dalla precisione quasi maniacale con cui ogni capo era trattato: piegato, posizionato, protetto. Nessuno spettacolo, nessuna ostentazione, ma un rispetto rigoroso del prodotto, del cliente e del brand. Mi ricordava il rigore che ho sempre cercato di portare nelle aziende che ho ristrutturato: disciplina, organizzazione e meritocrazia.
E poi c’era il lato umano, che sento vicino: l’amore per i gatti. Chi ama i gatti non cerca sudditanza, ma un rapporto silenzioso fatto di rispetto reciproco. Io, come lui, ho sempre trovato nei miei felini un antidoto alla pressione quotidiana: un momento di normalità e tenerezza. Ricordo una delle rare interviste private, quando parlava dei suoi gatti: si illuminava davvero, e capivi che quei piccoli rituali domestici erano il suo rifugio, la sua pausa dal mondo frenetico che lo circondava.
Con Armani se ne va non solo un grande stilista, ma l’ultimo testimone di un’idea di eleganza italiana che il mondo ci invidiava. La Milano discreta, disciplinata e operosa — quella delle tre D — oggi non esiste più, travolta dall’ostentazione e dal rumore. Ma chi, come me, l’ha vissuta, sente il peso e il valore di quell’addio.
E allora, mentre il mondo della moda si affolla di brand che urlano e sgomitano per attirare attenzione, io penso ancora a quell’eleganza silenziosa, misurata, consapevole. Ricordo come, nei momenti di maggiore frenesia, bastasse osservare le linee pulite di un completo Armani o accarezzare un gatto per ritrovare equilibrio. Forse la nostra sfida più grande è custodire quell’eco, senza lasciarla dissolvere nel rumore.
(Emma Nicheli)
Prompt:
intro: voglio uscire dal mio abituale seminato per parlare di Giorgio Armani, appena scomparso.
parte 1: «Lo stile di Milano lo sintetizzerei con tre D: discrezione, disciplina, dovere. In un mondo che tende alla cialtroneria, all'anarchia dei comportamenti e alla furberia, ben venga il calvinismo milanese!» Quando Giorgio Armani pronuncia questa frase è il 1998. In realtà quel calvinismo milanese al tempo non esisteva già più, o almeno, aveva subito i duri colpi della Milano da Bere ed era passato in secondo piano.
parte 2: Era la Milano della borghesia illuminata e dell'elite operaia. La Milano dei miei genitori. Poi arrivò la moda e Berlusconi e cambiò tutto. Diciamo che Armani ha sempre mantenuto un profilo di nobiltà artistica e morale diverso dagli altri. Ha più subito che utilizzato la Milano da Bere.
parte 3: racconto ciò che fece grande lo stile Armani e ciò che perdiamo. Ne racconto pure la cultura aziendale.
parte 4: e poi, come me, amava i gatti.
parte 5: con lui se ne va l'ultimo rappresentante del mito dell'eleganza italiana nel mondo, ormai definitivamente tramontata.
articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4, parte 5; approfondisci dove necessario.
Assumendo la personalità di Emma Nicheli, scrivi un articolo approfondito, con tono serio ma gradevole, non privo di una certa ironia. Usa un tono partecipato e quasi commosso. Rendi l'articolo immersivo con aneddoti personali.
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