
Negli ultimi anni, il dibattito pubblico si è complicato al punto da sembrare un romanzo di Thomas Pynchon: fitto, labirintico, e con il sospetto che qualcuno stia orchestrando tutto dietro le quinte. Razzismo, misoginia, transfobia, sottoculture autoritarie ed estremismi ideologici si intrecciano in una ragnatela di polemiche infinite, mentre il dibattito culturale si fa sempre più ingessato e prevedibile. Di fronte a questo scenario, la tentazione di spegnere tutto e rifugiarsi in una lettura d’archivio di “Repubblica” degli anni ’80 è forte.
La lotta necessaria (e quella di facciata)
Ci sono battaglie che vanno combattute senza esitazione: il razzismo non è un’opinione, la misoginia è una triste realtà, la transfobia un problema serio e le derive autoritarie una minaccia concreta. Su questo non si discute. Tuttavia, accanto a queste battaglie sacrosante, ce ne sono altre molto meno nobili, che riguardano più la gestione di un brand personale che la difesa di un principio. Il moralismo social, il tribunale di Twitter, la cancel culture selettiva e le indignazioni prêt-à-porter hanno costruito un ecosistema dove l’importante non è più difendere un valore, ma farlo nella maniera più visibile possibile.
Il risultato? Un’industria della coscienza pulita che serve a rassicurare chi vuole sentirsi “dalla parte giusta” senza fare troppa fatica. Il femminismo di oggi, per dire, sembra più attento a quanti centimetri di pelle si possano mostrare senza scatenare polemiche che alla disparità salariale. Il progressismo si è trasformato in un pacchetto pronto all’uso, con tanto di bollino di certificazione. Ma la vera battaglia culturale non è fatta di slogan, né di schieramenti di comodo.
Dove sono finiti gli intellettuali scomodi?
In tutto questo marasma, quello che manca è una voce critica che sappia tenere insieme rigore intellettuale e capacità di rompere le scatole. Dove sono finiti gli Arbasino, i Flaiano, i Pasolini, le Fallaci e i Calvino? Quelli che mettevano in discussione tutto, senza sconti né per il passato né per il presente? Quelli che non avevano paura di criticare il ’68, il femminismo radicale, il politicamente corretto, senza per questo diventare reazionari da operetta?
Oggi siamo pieni di intellettuali-sacerdoti, fedeli a un’ideologia e pronti a pontificare ex cathedra su qualsiasi argomento. Canfora, Rovelli, Barbero: tutti stimabilissimi, certo. Ma appena escono dal loro campo di competenza, ecco che iniziano a dare lezioni di morale al mondo, con il tono di chi ha ricevuto una rivelazione divina e non vede l’ora di illuminarci. Il problema non è la loro intelligenza (che è fuori discussione), ma la prevedibilità delle loro posizioni. Non c’è più il rischio, l’azzardo, il pensiero che spiazza. Sappiamo già cosa diranno, prima ancora che aprano bocca.
La paralisi dello scontro sterile
Il dibattito politico sembra essersi fossilizzato in un’eterna guerra tra guelfi e ghibellini. Destra e sinistra sono ancora categorie sensate? Sì, certo. Ma il vero problema oggi non è la contrapposizione tra le due, quanto il populismo che ha contagiato entrambe. La destra, su questo, è stata molto più brava: ha capito il meccanismo e lo ha cavalcato con entusiasmo. La sinistra, invece, si è persa in un vortice di autoanalisi infinite e di battaglie identitarie che parlano solo a chi è già convinto.
Il vero fronte comune, oggi, non dovrebbe essere tra destra e sinistra, ma tra chi difende una democrazia sana e chi invece flirta con derive autoritarie. Il problema è che non si può costruire un fronte democratico solido se la sinistra continua a dilaniarsi sulle sfumature del linguaggio inclusivo e la destra a giocare con il fuoco sovranista. Il risultato è che mentre loro litigano sui dettagli, il populismo cresce e prospera, indisturbato.
La realtà non è progressista (ma può esserlo un progetto)
Uno degli errori più comuni della sinistra contemporanea è credere che la realtà sia progressista di per sé. Come se la storia avesse una direzione inevitabile e il progresso fosse un destino scritto. Ma non è così. La storia non procede in linea retta, e quello che oggi consideriamo un diritto acquisito può essere rimesso in discussione domani.
Per questo, la vera sfida non è assecondare la realtà, ma costruire un progetto politico che sappia indirizzarla. Il nuovo vento reazionario è la conseguenza diretta dell’incapacità di capire questo semplice concetto. Se la sinistra continuerà a vivere nella bolla dell’autocompiacimento, la destra populista non avrà nemmeno bisogno di fare troppa fatica: le basterà aspettare che l’avversario si autoelimini da solo.
Ecco perché servono voci nuove, libere, capaci di mettere in discussione tutto senza paura di urtare qualche sensibilità. Servono intellettuali scomodi, politici coraggiosi, leader capaci di pensare in grande. Altrimenti, continueremo a guardare lo spettacolo, divisi tra chi si indigna per un tweet e chi applaude l’ennesimo slogan vuoto. E il mondo andrà avanti lo stesso, senza di noi.
(Luisa Bianchi)
Prompt:
Intro: Negli ultimi anni, il dibattito politico e sociale si è fatto sempre più complesso, con temi che spaziano dal razzismo alla misoginia, dalla transfobia alle sottoculture autoritarie, fino agli estremismi ideologici che limitano il dibattito culturale.
Lotta: È possibile e necessario combattere senza riserve contro il razzismo, la misoginia, la transfobia e le sottoculture autoritarie. Allo stesso tempo, è altrettanto importante opporsi agli estremismi ideologici che compromettono la libertà intellettuale e tendono a difendere più l'immagine mediatica che il contenuto del dibattito stesso.
Assenza: L'assenza di figure intellettuali indipendenti come Arbasino, Flaiano, Pasolini, Fallaci e Calvino, capaci di esprimere un sano scetticismo e di criticare sia il passato che il presente, è un problema significativo. Queste figure erano in grado di rappresentare il meglio del libertarismo democratico degli anni '60 e di produrre una critica in diretta del '68, del femminismo degli anni '70 e del politicamente corretto degli anni '90. Siamo invece pieni di intellettuali-sacerdoti fedeli ad un'ideologia che parlano ex cathedra di tutto - Luciano Canfora, Carlo Rovelli, Alessandro Barbero, persone stimabili e ferratissime nel proprio settore, ma tragicamente limitate appena ne escono.
Incancrenimento: se destra e sinistra sono ancora posizioni sensate, non lo è la contrapposizione sterile fra le due. Il nemico oggi è il populismo che ha allignato in entrambe e che la destra ha saputo sfruttare e cavalcare molto meglio. Oggi una destra e una sinistra "sane" e "normali" dovrebbero fare fronte comune contro l'infezione autoritaria che ormai sta prendendo piede.
Leader: La realtà non è progressista di per sé, ma può esserlo un progetto politico. Confondere le due cose porta a gravi conseguenze per la società. La nuova ondata reazionaria ne è una diretta conseguenza.
Articolo: intro, lotta, assenza, incancrenimento, leader; approfondisci dove ritieni necessario.
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