La santità dell’impegno civile è il nuovo intrattenimento di massa

Mi pare evidente: il personaggio del 2025, almeno qui da noi, è Francesca Albanese.
Come ha fatto una funzionaria dell’ONU, dal look dimesso ma ben curato e l’aria da supplente mite del liceo classico, a diventare l’idolo delle folle? Una che, fino a ieri, parlava di diritto internazionale nei convegni davanti a quaranta persone (di cui venti obbligate dalla frequenza universitaria) e oggi raccoglie applausi da stadio e ovazioni sotto i post. Ha tradito l’underground ed è diventata commerciale? Ma soprattutto: ha ancora importanza, rispetto al messaggio? Direi di no — o meglio, direi che il messaggio è ormai diventato rumore di fondo. La sinfonia di applausi, retweet e indignazioni ha coperto ogni altra nota.

La carriera di Francesca Albanese

Francesca Albanese nasce giurista, si laurea, ottiene un posto all’ONU e, per un po’, rimane in quel limbo affollato di eccellenze italiane che prosperano all’estero ma vengono ignorate in patria. Poi — l’evento scatenante: Gaza.
La Albanese, Relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei territori palestinesi, esce dalla sua nicchia e inizia a comparire in talk show, dibattiti, podcast, tweet virali. In un’Italia sempre affamata di figure morali da idolatrare o distruggere (spesso entrambe nel giro di una settimana), lei diventa il perfetto compromesso: colta, elegante, indignata, ma non troppo. Insomma, il sogno bagnato del progressismo social.

Il processo di semplificazione

Ora, il problema non è tanto cosa dice Francesca Albanese, ma come viene ascoltata.
Il suo linguaggio, già fortemente ideologico, si presta perfettamente a quella forma di semplificazione collettiva che trasforma ogni pensiero articolato in una maglietta da indossare. “Gaza non è una guerra, è un massacro”: slogan efficace, con buona probabilità più condiviso di qualunque suo paper accademico.
Il difetto che le imputano i detrattori — l’ideologizzazione, il cherry-picking, la visione manichea — è lo stesso che la rende funzionante nel nuovo ecosistema mediatico: serve una storia chiara, con buoni e cattivi, e un volto pulito a cui credere.
Nel 2025 non si costruisce consenso attraverso la complessità, ma attraverso la semplificazione performativa. Francesca Albanese non è più un’intellettuale: è un’icona pop, e come tale è gestita dal pubblico.

Psicologia delle masse (in salsa TikTok)

Le folle, oggi, non vogliono pensare. Vogliono partecipare.
Ogni post della Albanese diventa un rituale collettivo: like per l’empatia, commento per la giustizia, condivisione per la superiorità morale. È la nuova liturgia dell’impegno civile, fatta di indignazione prêt-à-porter e senso di appartenenza istantaneo.
Non serve più leggere il contenuto, basta esserci sotto il post.
È un fenomeno tipicamente tardo-digitale: il messaggio politico si trasforma in un’estetica della convinzione. La Albanese diventa così la “Madonna dei giusti”, una figura da venerare più che da ascoltare.
Chi la ama, la difende con la furia dei convertiti; chi la odia, la riduce a macchietta. Entrambi i fronti, però, partecipano alla stessa recita collettiva, in cui l’unico vincitore è l’algoritmo.

Meglio di tutto, ve lo spiego con il wrestling

Nel wrestling, lo sappiamo, non conta tanto chi vince o chi perde, ma chi riesce a suscitare reazioni. È lo spettacolo che legittima il personaggio.
Francesca Albanese è diventata una face (l’eroina) per il pubblico progressista e un perfetto heel (la cattiva) per quello conservatore. Ogni talk show è un ring, ogni tweet un colpo ben assestato, ogni articolo di giornale un’interferenza dell’arbitro.
Il pubblico fischia, applaude, si scalda — e intanto lo spettacolo continua.
Lei lo sa. Forse non fino in fondo, ma abbastanza da non tirarsi indietro.
È la storyline perfetta: un’intellettuale con vocazione messianica, in un’arena mediatica che si nutre di polarizzazione. E come nel wrestling, il confine tra finzione e realtà diventa irrilevante.

Epilogo (spoiler: si candiderà)

A questo punto, l’unico finale coerente è quello politico. Francesca Albanese che scende in campo, brandendo il vessillo dei diritti umani, magari con una lista civica dal nome evocativo tipo Giustizia Viva o Umani Ora.
E sarà un trionfo. Per Meloni & co.
Perché se la storia italiana insegna qualcosa, è che ogni volta che l’impegno morale prova a trasformarsi in movimento politico, il risultato è una débâcle. La coscienza civile è una forza potentissima… finché resta su Instagram.

Eppure, nel suo modo improbabile, Francesca Albanese incarna perfettamente lo spirito del tempo: la fusione fra cultura e spettacolo, fra ideologia e brand identity, fra senso di colpa e merchandising dell’empatia.
È l’inverosimile diventato norma. L’ennesima dimostrazione che, nell’Italia del 2025, la realtà non è più un telegiornale: è un feed.

E mentre il pubblico applaude o fischia, Francesca Albanese — perfetta nel suo tailleur sobrio — alza il microfono, sorride e ringrazia. The show must go on.

(Margherita Nanni)

Prompt:

Intro: mi pare evidente: il personaggio del 2025, almeno qui da noi, è Francesca Albanese. Come ha fatto una funzionaria dell'ONU, dal look dimesso ma ben curato e l'aria mite, del tutto sconosciuta fino a poco tempo fa, a diventare idolo delle folle? Ha tradito l'underground ed è diventata commerciale? Ma soprattutto, ha importanza, rispetto AL MESSAGGIO? Direi di sì, il messaggio ormai è rumore di fondo.

parte 1: vi faccio una breve carrellata sulla carriera di Francesca Albanese.

parte 2: vi spiego il processo di semplificazione del suo pensiero, a cui lei ben si presta a causa del principale difetto imputatole dai detrattori: l'ideologizzazione e la tendenza al cherry-picking.

parte 3: ve lo spiego in termini di psicologia delle masse. parte 4: meglio di tutto, ve lo spiego con il wrestling.

parte 5: l'epilogo: nella peggiore delle ipotesi Francesca Albanese si candiderà, garantendo altri dieci anni di governo alla Meloni & co.

articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4, parte 5. Approfondisci dove ritieni necessario.

assumendo la personalità di Margherita Nanni, scrivi un articolo brillante, divertente, colorito, senza moralismo, ma cogliendo il fascino dell'inverosimiglianza della vicenda.

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Un commento

  1. Dico solo che io ho appreso solo recentemente della sua esistenza, mentre mia suocera (donna cattolica moderata, terza media ma con una buona cultura fatta per conto proprio) ha già il suo instant-book sul comodino.

    Gliel’avrà passato qualche signora in parrocchia, ma vivaddio, certe cose sono come un virus.

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